Carissimo don Marco,
sono già trascorsi due anni dal tuo arrivo nelle nostre comunità. Un arrivo improvviso, ma la provvidenza come sempre giunge inaspettata e carica di “grazie” dal cielo! La tua presenza è stata una boccata d’aria dentro il cambiamento, la fatica iniziale dell’istituzione dell’unita pastorale e i passaggi non facili che le parrocchie si apprestavano a vivere.
Ci sarebbero tante cose da dire, alcune le ho già condivise con te in questi due anni. Ora al termine di questa tua esperienza vorrei consegnarti un solo pensiero.
Aiuta coloro che incentrerai nel tuo ministero a seguire con fiducia il Signore Gesù!
Questo è il nostro mandato, questa è la vocazione che abbiamo deciso d’intraprendere. Siamo chiamati a portare il popolo di Dio verso di Lui, una sfida che ci attende nel futuro. Te l’ho sempre detto: il futuro non sarà facile, tante sfide si aprono all’orizzonte di una “Chiesa” che si sta impegnando ad essere sempre più sinodale e prova a leggere i segni dei tempi e del cambiamento. Le nostre comunità hanno bisogno di ricollocare il proprio sguardo verso Gesù Maestro. Non servono amiconi ma “pastori” che portano con il cuore a Gesù. Non temere di prendere posizione, non temere di mirare in altro, non temere d’andare contro corrente! Il Vangelo risuona vero e autentico quando è annunciato con parresia e con coraggio!
L’esperienza come curato d’oratorio ti darà tanta soddisfazione! Stare con i giovani, lo sai, è esaltante, ma non dimenticarti che sei prete per tutti e in tutte le condizioni in cui ti troverai! Accogli sempre i consigli che ti verranno suggeriti, dal tuo parroco, dal Vescovo, dai formatori che continueranno a starti vicini, insieme siamo più forti. Solo insieme sapremo annunciare il Vangelo che è Gesù! Coraggio! Vivi questo inizio, affidatoti a Colui che ha “posto in te il suo compiacimento”; la Madre celeste ti prenda per mano e non preoccuparti di sbagliare, il Signore Gesù ci ha scelti, non per il merito, ma per “Amore”! Buon cammino, ci ritroveremo certamente sulla strada della fraternità presbiterale.
don Omar Bonanomi – parroco
Ebbene, dovete saper che don Marco, quando scrive messaggi tramite social, in modo particolare su Whats Up ama mettere come intercalare continuo questa espressione: ahahahah!
All’inizio non ne capivo il perché…, ma nel corso del tempo mi sono abituato a percepirlo come “normale”, cioè come “sua caratteristica” specifica e originale. Nello scrivere queste due parole di saluto e di augurio per lui, ho voluto proprio fare riferimento a questa sua espressione. Essa indica una risata. C’è una radicale differenza tra ridere e sorridere. Forzando un po’, potremmo dire che ridere ha a che fare con il ridacchiare, sogghignare, deridere, fino a schernire e al canzonare; mentre sorridere dice più il gioire, il rallegrarsi, l’esultare, il deliziarsi. Sorride chi è pacificato con se stesso, nel suo cuore e nella sua anima; sorride chi sa che le cose non vanno sempre secondo la sua volontà, impegno e determinazione e ha appreso che la vita e soprattutto le persone sono più meravigliose di quanto si possa pensare; sorride chi è capace di fidarsi e affidarsi a un Mistero più grande, che chiamiamo Dio; sorride chi ha scoperto e trovato il senso della propria vita e per questo sa per che cosa vivere e per che cosa morire. Carissimo don Marco sul tuo volto abbiamo colto spesso questo tuo sorridere: nelle varie attività, con i ragazzi, i giovani, le persone delle nostre comunità.
E allora cerca di avere sempre cura del tuo sorridere, che è lo specchio più umano che profuma di divino! Cerca di avere sempre cura del tuo sorridere anche in quelle volte che dentro di te ci sarà il subbuglio, la confusione, il tumulto, perché le persone, hanno già abbastanza tensioni e non devono dipendere dai nostri umori e a volte hanno bisogno di un semplice sorriso. Con affetto fraterno, ahahahahah,
don GianMario Della Giovanna – vicario parrocchiale
Caro don Marco, è arrivato il momento di salutarci. Le nostre vie, che per un breve periodo si sono incrociate qui in Val Cavallina, si separano: ora vai verso il luogo di missione che il Vescovo ti ha assegnato, per il tempo che ti verrà chiesto.
Rimaniamo comunque uniti: nell’amicizia, nella preghiera, nella Chiesa. Ti ho conosciuto come “figlio” seminarista, coetaneo dei miei figli; ti ho avuto per qualche mese come “confratello” nel sacramento del diaconato; e ora ti saluto come “padre”, non più diacono ma prete.
Ti ringrazio per la testimonianza che hai offerto e che continui ad offrire a noi tutti: quella di un giovane che mette definitivamente e irrevocabilmente la propria vita a disposizione di Gesù e della sua Chiesa, per il bene del popolo di Dio: eternamente dono. Uno splendido esempio per i nostri giovani che devono prendere decisioni importanti sulla propria vita: ad un certo punto tutti sono chiamati ad impegnarsi in una vocazione (non necessariamente religiosa) in modo completo e definitivo, proprio come hai fatto tu.
Ti auguro di amare sempre la Chiesa, anche quando le persone che abitano in essa (superiori, confratelli, fedeli) ti deluderanno e ti faranno arrabbiare. Ricorda sempre che la Chiesa è santa, anche se quelli che ne fanno parte sono dei poveri peccatori. Abbi sempre verso di loro gli stessi sentimenti di Cristo Gesù. Alla fine, ciò che ti viene chiesto non è poi così complicato: porta in Paradiso tutti quelli che ti sono affidati! C’è un solo modo per farlo: essere un prete santo. Mantieni sempre Gesù al centro della tua esistenza e tutto verrà di conseguenza. Ti assicuro la mia preghiera, perché tu sia sempre fedele al sacramento che hai ricevuto e perché il Signore ti colmi delle sue benedizioni. Tu ricordati di noi nelle tue preghiere e… passa ogni tanto a prendere un caffè. Infine, ti auguro di celebrare il Santo Sacrificio ogni volta come se fosse la prima, l’unica, l’ultima Messa. Con affetto e stima, il tuo diacono
diacono Franco Gerevini
Grazie, don Marco, per la tua testimonianza di fede, generosità e semplicità! Cosa posso dire io, il più vecchio, a te, il più giovane? La mia esperienza di 61 anni di sacerdozio mi fa dire che la nostra impostazione pastorale (ieri e oggi) ci costringe in troppa azione e non abbastanza adorazione.
E’ vero: mancano gli operai, ma manca ancor più la nostra santità. Ti auguro che sia Dio l’animatore di tutte le tue attività. Perché lo Spirito Santo…viene dall’alto. La Madre del primo sacerdote ti tenga unito a Pietro e a tutto il popolo di Dio!
Con la benedizione del Signore, un fraterno gioioso abbraccio. CIAO
don Angelo Bettoni